Vorrei capire come mai, quasi,all'alba del 2012 le case non sono ancora domotizzate come le vedevo nei cartoni animati della mia infanzia.
La Domotica è una scienza troppo vasta per un singolo blog QUINDI in questo focalizzeremo l'attenzione sull'INTERFACCIA UTENTE che permette ai proprietari di una casa domotica di interagire con tutto il SISTEMA.

7) Se è semplice non necessita gridare AIUTO.

Nella ricerca dell’usabilità è sempre importante appianare i momenti di difficoltà che “affiorano” come scogli quando si interagisce con l’interfaccia.
Il modello di D. Norman ( 1986) permette di scomporre  dalla creazione di uno scopo, in sette stati, tutte le fasi  terminando con l’analisi del livello di raggiungimento del target desiderato.
Tutti gli step vengono eseguiti tramite lo “strumento” interfaccia e di conseguenza eventuali difficoltà che potrebbero emergere si manifesterebbero solo tramite questo canale.
Analizzando le azioni necessarie per realizzare un semplice comando da impartire al sistema domotico, vengono identificati i sette stadi suggeriti da Norman.
Il comando: “Accendere l’impianto stereofonico tutte le mattine in tutta la case alle ore 7:30
I sette stadi sono:
  • Lo scopo da raggiungere che è rappresentato da quanto richiesto nel comando prefissato.
  • L’intenzione di come fare per raggiungere lo scopo, quali tasti digitare sull’interfaccia.
  • Entrare nel merito di ogni singola azione effettuando le scelte mirate per assemblare il comando sull’interfaccia.
  • Mandare in esecuzione il comando impostato tramite l’apposito tasto.
  • Percepire il cambiamento di stato dell’ambiente circostante, nel momento impostato.
  • Comprendere il significato del cambiamento percepito.
  • Valutare se il target iniziale è stato raggiunto.

I sette stadi sintetizzano sia le potenziali difficoltà che nascono nel portare a termine un compito affidato usando un’interfaccia sia i livelli di efficacia ed efficienza dell’interazione tra utente e l’ambiente esterno.
Un sistema arbitrario suggerito da Norman per far emergere i problemi è l’uso dei golfi dell’esecuzione e della valutazione. Il termine “golfo” rappresenta lo spazio che separa la volontà di eseguire un comando dalla effettiva possibilità di portare a termine il compito. Quindi tanto più è incomprensibile l’interfaccia tanto più aumenta il golfo dell’esecuzione. Al contrario più l’interfaccia è semplice ed usabile più la distanza diventa esigua. Lo stesso discorso è applicabile al golfo della valutazione in quanto valutare che l’azione sia stata eseguita correttamente è in diretta dipendenza dalla semplicità e dall’usabilità dell’interfaccia.
Per aumentare l’usabilità di un’interfaccia è necessario cercare di ridurre al minimo i momenti in cui è necessario l’intervento esterno e in caso di necessità l’interfaccia dovrà fornire un aiuto concreto nella risoluzione dei dubbi.
Introducendo la nozione di affordance lo psicologo statunitense James Gibson volle denotare la proprietà che un oggetto ha di influenzare la modalità del suo uso, da come viene percepito nel suo aspetto fisico. Le proprietà degli oggetti suggeriscono le operazioni che possono essere fatte, cioè tramite inviti e vincoli d'uso questi oggetti danno forti suggerimenti circa il loro funzionamento. La progettazione dell’interfaccia deve far sì che il modello mentale di funzionamento del sistema venga compreso dall'utente. Un oggetto con un alto livello di affordance “aiuta” chi lo guarda ad utilizzarlo in maniera corretta, cioè nel modo per cui è stato ideato. Ad esempio, un’interfaccia ben progettata dovrebbe far intuire immediatamente cosa è necessario far premere per poter trasmettere il comando desiderato. In sintesi tutto quello che l’interfaccia esegue in modo indecifrabile rispetto alla grafica proposta contribuisce alla riduzione del livello di affordance.
Un altro aiuto è rappresentato dal feedback che l’interfaccia offre all’utilizzatore. Per ridurre l’ampiezza del golfo della valutazione gli oggetti dovranno fornire un segnale di ritorno che indichi chiaramente all’utente come si sia modificato lo stato del sistema successivamente alle azioni trasmesse mediante l’interfaccia. Per esempio, il bottone virtuale visualizzato su uno schermo che appare quando il comando può essere inviato al sistema, dovrà diversificarsi una volta premuto al fine di comunicare all’utente il risultato della sua azione. Se poi questo bottone “invita” l’utente ad eseguire l’azione del premere avremo anche una buona affordance.
Il compito del progettista è pertanto quello di progettare oggetti con buona affordance, per ridurre l’ampiezza del golfo della esecuzione, e con buon feedback, per ridurre l’ampiezza del golfo della valutazione.
La progettazione di sistemi usabili non deve approcciare i problemi che emergono cercando di rispettare i requisiti funzionali richiesti e quindi non deve considerare quanto previsto della specifica funzionale richiesta. Il rapporto costi/benefici è un dato ininfluente nel raggiungimento di un alto livello di usabilità. Quando l’obiettivo è la progettazione di un’interfaccia usabile, il progettista focalizza la sua attenzione sull’utente studiandone le caratteristiche, le abitudini e le necessità in relazione all’uso che presumibilmente ne farà. Nell’analisi dovranno essere ipotizzati i vari scenari in cui l’interfaccia verrà utilizzata, e per ognuno analizzare in dettaglio i compiti che l’utente svolgerà con il sistema. Secondo questo modo di progettare l’usabilità, il focus non è rappresentato dalle varie funzioni che l’interfaccia permette ma da come un’interazione tra utente e sistema domotico è facilitata con l’ulteriore obiettivo di rendere l’interfaccia “trasparente” in modo che chi la utilizza non si renda conto di usarla e traguardi solo gli obiettivi che si è preposto.
Sul piano culturale invece dobbiamo considerare che il sistema di aiuti dovrà adattarsi ai progressi compiuti dall'utente nell'apprendimento delle modalità d'uso dello strumento. Superata la fase iniziale di conoscenza del mezzo, viene naturale cercare modalità meno ridondanti o con un numero maggiore di scelte al fine di perseguire maggior flessibilità ed efficienza d’uso, ad esempio con la riduzione del grado di aiuti a schermo oppure con la possibilità di ridurre i percorsi operativi tramite “scorciatoie” mantenendo, in pratica, parte delle scelte precedenti che ancora si adattano al completamento di quanto traguardato. La decisione di utilizzare un linguaggio grafico comporta l’avere situazioni in cui il pulsante “bit mapped” può risultare incomprensibile a qualche utente. L’integrazione dell’aiuto consiste nell’attivazione di “balloon-help” (piccoli box testuali con una descrizione mirata) dopo alcuni istanti di permanenza del dito o del sistema di puntamento utilizzato su un qualsiasi pulsante (virtuale, in quanto disegnato sullo schermo). Tale approccio rispecchia l'idea che "riconoscere è più facile che ricordare" (Recognition rather than recall, Nielsen 1994 “Ten usability heuristics”), inoltre mira ad evitare di appesantire l'interfaccia con un eccessivo ricorso al testo, soprattutto in vista del momento in cui l'utente avrà acquisito dimestichezza con l'interfaccia stessa e più che di aiuti sarà alla ricerca di percorsi operativi più veloci al fine di pervenire agli scopi desiderati nel minor tempo possibile.
In sintesi l’usabilità dell’interfaccia si raggiunge partendo dall’analisi dell’utente e dei suoi bisogni progettando lo strumento atto a facilitare le sue interazioni con il sistema domotico quindi senza analizzare le specifiche funzioni che l’interfaccia permetterà di eseguire.
Un altro aiuto che l’interfaccia deve offrire è relativo all’accessibilità al sistema. La progettazione dell’interfaccia in funzione di chi è diversamente abile rende la stessa accessibile a tutti in quanto chiunque potrà beneficiare delle soluzioni introdotte per l’eliminazione delle barriere fisiche e sensoriali. La progettazione dell’interfaccia dovrà tenere conto delle eventuali problematiche che possono emergere da un’ambientazione con certe limitazioni (eccessiva illuminazione, rumorosità ambientale, hardware obsoleto) o da limiti fisici dell’utente ad esempio con scarsa visibilità oppure con scarsa mobilità. In questi casi l’aiuto può essere fornito prevedendo la possibilità di personalizzare la maggior parte dei parametri come la risoluzione grafica dello schermo, la sua luminosità, la dimensione dei caratteri, lo schema dei colori, dei suoni. Anche tecnologicamente è possibile fornire un aiuto progettando sistemi che favoriscano l'adattamento all'ambiente e nel contempo si sappiano adattare all’ambiente trasformando le caratteristiche dell'interfaccia in modo che risultino compatibili con le limitazioni degli utenti.
Un’interfaccia per sistema domotico può essere equiparata ad un sito web quindi il rispetto di quanto prescritto da “Linee guida per l'accessibilità dei contenuti Web (WCAG)” creato dal W3C (World Wide Web Consortium). Il W3C è un consorzio industriale internazionale guidato dal MIT Laboratory for Computer Science (MIT LCS) negli USA.

Le Web Content Accessibility Guidelines (WCAG) 2.0 contengono una ampia gamma di recommendation studiate per rendere i contenuti del Web maggiormente accessibili. Seguendo queste linee guida, sarà possibile creare contenuti accessibili al maggior numero di persone con disabilità, tra cui la cecità o l'ipovisione, la sordità o la riduzione dell’udito, limitazioni cognitive e dell'apprendimento, ridotte capacità di movimento, disabilità della parola, fotosensibilità e combinazioni di queste. Il rispetto di linee guida spesso renderà i vostri contenuti Web più usabili per tutti gli utenti in generale.
I criteri di successo per le WCAG 2.0 sono scritti come dichiarazioni testabili che non sono specifiche per la tecnologia utilizzata. Le indicazioni riguardo il soddisfacimento del criterio di successo per specifiche tecnologie, nonché informazioni generali sull'interpretazione del criterio stesso vengono fornite in documenti distinti. Per leggere un'introduzione alle specifiche e reperire link a materiale tecnico e formativo sulle linee guida WCAG consultate il documento Web Content Accessibility Guidelines (WCAG) Overview.
Le WCAG 2.0 sono la versione aggiornata delle Web Content Accessibility Guidelines 1.0 [WCAG10], pubblicate come W3C Recommendation nel maggio 1999. Anche se è possibile conformarsi alle WCAG 1.0 o alle WCAG 2.0 (o entrambe), il W3C raccomanda che i contenuti nuovi e quelli che vengono aggiornati facciano riferimento alle WCAG 2.0. Il W3C raccomanda, inoltre, che normative e leggi che riguardino l'accessibilità del web facciano riferimento alle WCAG 2.0.”

Il rispetto di quanto previsto da queste linee guida fornisce un aiuto concreto anche a chi non ne avrebbe bisogno.
Il prevedere sempre una forma testuale che espliciti quanto l’icona mostra può sicuramente aiutare il non vedente ma anche un eventuale motore di ricerca nella sua fase di acquisizione di informazioni dai siti.
La semplificazione dei contenuti inizia dalla loro rappresentazione grafica in cui il contrasto, la dimensione la luminosità ecc. non sono caratteristiche primarie solo per chi ha difetti fisici ma anche per chi ha una situazione ambientale sfavorevole (esempio luci o suoni eccessivi, interfaccia collocata in ambienti angusti o troppo dispersivi ecc.).
Infine un altro aiuto che permette di evitare all’utente un senso di smarrimento è rappresentato da un’informazione costante di dove si trovi nelle maschere previste, con possibilità di ritorno alla situazione iniziale in qualunque momento e a qualunque livello. Questo aiuto serve anche a ridurre il carico di memoria necessario per “navigare” tra le maschere dell’interfaccia.

Primordial question:

Primordial question:
Pensate che il bimbo sarebbe così remissivo se studiasse in una classe domotizzata con un'interfaccia semplice?

Why?

Why?
Il nonno del bimbo è certo che farà in tempo a vivere in una casa domotica ... IL BIMBO!